PANE TOSCANO, IN ARRIVO IL MARCHIO DOP
  01 Febbraio 2016
Altopascio
PANE TOSCANO, IN ARRIVO IL MARCHIO DOP

Intervista al Presidente dell’Associazione nazionale Città del Pane, Maurizio Marchetti

Quadrato, filoncino, pagnotta, alto, basso, ben cotto, salato, scarso di sale... (sciocco, come lo chiamiamo in Toscana, sciapido o sciapo in altre regioni) Già, parliamo di pane e proprio qui dobbiamo fare una pausa perché di pane poco o tanto ne mangiamo tutti, ma in Toscana quello tradizionale è sciocco e in particolare ad Altopascio è privo di sale, ma non di gusto. Al contrario, per la sua fragranza ha la proprietà di essere adatto ad accompagnare perfettamente le pietanze, senza però interferire con i loro profumi e sapori. E poi è uno dei pani più famosi e noti fin dal Medioevo, quando il pane di Altopascio veniva dispensato dallo Spedale del Tau ai bisognosi che procedevano lungo la via Francigena. Di questo e di altre caratteristiche del pane, non solo altopascese, abbiamo parlato con il Presidente dell’Associazione Nazionale “Città del Pane”, nonché primo cittadino di Altopascio, Maurizio Marchetti.

Ci racconta le finalità dell’associazione?
Il Progetto Città del Pane è partito nel 2002 e ci tengo a sottolineare che si costituisce esclusivamente di Comuni, a differenza di altre realtà che vedono la partecipazione di associazioni di categoria, Province, ecc. Le sue finalità si riconoscono a partire dai requisiti richiesti agli associati (ad oggi 50 Comuni), ovvero l’appartenenza, dimostrabile attraverso atti e documenti, ad una tradizione e una storia legate alla panificazione, nell’ottica che il pane dev’essere valorizzato, oltre che tutelato e promosso, in quanto peculiarità dello specifico territorio nel quale è prodotto. In sintesi, lo scopo consiste nella valorizzazione dei territori insieme al prodotto tipico, il pane.

E Altopascio, ma in generale tutta la Toscana, è caratterizzato dall’ottimo pane sciocco, o dovremmo dire sciapo…
La totale assenza di sale è il marchio di identificazione del nostro pane e tale caratteristica affonda le sue radici nel lontano passato, quando il sale costava troppo e la cucina povera toscana proponeva un pane di ottimo livello, ma sciapo, adatto ad accompagnare i piatti saporiti della tradizione culinaria. Secondo altre fonti il pane sarebbe sciocco a causa delle diatribe tra pisani e fiorentini, ragione per cui il pane giungeva difficilmente nell’entroterra e… di necessità virtù!

Quali sono le proposte dell’associazione?
Come tutte le associazioni, anche “Città del Pane” sta attraversando un momento di difficoltà alla quale facciamo fronte grazie ad una gestione da sempre oculata che ci permette di essere tranquilli, ma vivendo solo delle quote associative dei Comuni aderenti, non possiamo permetterci di destinare fondi a quelle che vengono dichiarate spese superflue e, per questo motivo, le proposte ci sono ma non possono essere dispendiose. Cerchiamo di promuovere unitamente al territorio questo prodotto presenziando, ad esempio, alle più importanti manifestazioni legate all’enogastronomia e al turismo. Tra queste Il salone del gusto a Torino, la Bit, la fiera di Rimini ecc., tutti luoghi in cui si parla di turismo enogastronomico. Inoltre sosteniamo iniziative agendo a ragnatela lungo tutta la penisola e toccando i luoghi in cui siamo presenti. Penso ad esempio a “Pane e miele”, la manifestazione da noi promossa con “Città del miele” e presente in 200 piazze italiane, dove i due prodotti genuini sono stati protagonisti per un giorno.
Recentemente poi, abbiamo offerto il pane alle Caritas italiane presenti nelle 50 Città del Pane, un gesto di solidarietà e di impegno sociale.

Oggi in realtà si consuma meno pane, forse perché costa di più o magari perché il suo consumo viene un po’ minato dai media e dai prodotti sostitutivi. Cosa può dirci al riguardo?
E’ vero, oggi in casa abbiamo tutta una serie di prodotti alternativi al pane fresco. In termini di valore nutritivo il pane rimane sicuramente uno dei prodotti qualitativamente migliori e per questo ritengo che vada consumato. Il provvedimento della liberalizzazione del pane, il Decreto Bersani di qualche anno fa, ha comportato una produzione del pane meno controllata. Oggi bastano un locale idoneo e i macchinari giusti per fare pane, a vantaggio della grande distribuzione e a discapito della genuinità del pane stesso. Se togliamo le realtà che producono prodotti paralleli come ad esempio i senza glutine (a questi produttori dobbiamo riconoscere l’intelligenza di aver coperto un settore di mercato destinato ad una particolare fascia di consumatori), oppure le produzioni di pane in atmosfera protettiva, e rimaniamo concentrati sul pane tradizionale, possiamo concludere che il settore anche a causa di tale decreto ha sofferto e soffre tuttora.

Il pane resterà il cibo portante della nostra dieta?
Il pane tradizionale è un prodotto che ci appartiene e fa parte della nostra storia. In lucchesia abbiamo tante realtà eccellenti; oltre a quello di Altopascio ci sono altri pani che vengono fatti nel rispetto delle tradizioni (pensiamo al pane della Garfagnana). Ricordiamoci che il pane è sulle nostre tavole da sempre.

Come difendere il pane e il suo mercato?
La difesa spetta alle associazioni di categoria, ma tutti insieme dobbiamo fare pressioni per avere finalmente un regolamento nazionale che salvaguardi la tipicità: sono anni che aspettiamo. Nel frattempo c’è un percorso avviato per il riconoscimento del pane Toscano DOP, che mi auguro sia portato a termine nelle prossime settimane.

(a.d.c.)