Nel 1951 mesi di tensioni e sommosse a Pieve San Paolo per il nuovo Piovano
  11 Ottobre 2021
PIEVE SAN PAOLO (LUCCA)
Nel 1951 mesi di tensioni e sommosse a Pieve San Paolo per il nuovo Piovano

A PIEVE SAN PAOLO, era la domenica del 4 novembre 1951.
Doveva essere un giorno di festa per l’ingresso solenne del nuovo Pievano in paese, invece si respirava aria di rivolta. La porta principale della chiesa romanica da giorni era stata barricata dall’interno con pali e tavole. Così pure le possenti serrature, insieme ai chiavacci erano state fatte girare e le chiavi scomparse e mai più ritrovate. Chiuse ermeticamente anche le altre due porte laterali e la porta di accesso al campanile per impedire un colpo di mano da parte di un manipolo di campanari dissidenti. Erano pronti a salire fino alla cella campanaria per dare inizio ad un festoso “doppio” in onore di Don Franco Bevilacqua, il sacerdote che doveva prendere la guida spirituale di questa comunità con il titolo di Pievano. Don Franco arrivò sul piazzale della chiesa insieme al rappresentante della comunità ecclesiastica scortato da alcuni carabinieri. Diverse persone, prevalentemente donne e ragazzi sostavano semi nascoste nei pressi della chiesa. Si racconta che i capi della sommossa controllavano da dietro le imposte di alcune abitazioni vicine. Il capitano dei carabinieri della Compagnia di Lucca, responsabile dell’ordine pubblico, fece intervenire un fabbro dalla città e poco prima dello scoccare di mezzogiorno aprì il portone della chiesa permettendo al sacerdote di entrare e celebrare la Santa Messa di fronte a pochissimi fedeli, che non si erano lasciati intimorire da un clima che da mesi si era fatto sempre più pressante.

Erano gli anni ancora ruggenti del dopoguerra. A fare scattare la scintilla della rivolta, fu la
morte di don Vincenzo Picchi, Pievano per tutta la prima metà del secolo scorso. Gran parte dei parrocchiani speravano che il suo successore fosse don Giuseppe Lucchesi, un giovane sacerdote del paese che per alcuni anni aveva fatto il cappellano al fianco di Don Picchi. Di diverso avviso i vertici della curia, che preferirono affidare la popolosa parrocchia ad un sacerdote con maggiore esperienza.

La scelta cadde su Don Franco Bevilacqua, già parroco di Fiano e fu subito rivolta. Di ritorno dai lavori nei campi, nelle varie corti si cominciò a discutere sul da farsi. Si organizzarono comitati spontanei ma non concordi tra loro. Tanta confusione, ma poi prevalse l’ala dura. La notte erano state organizzate ronde a piedi e in bicicletta, per impedire l’accesso al piazzale della chiesa. Lo stato di sommossa durò per mesi e quando c’erano le riunioni importanti
suonava la campana mezzana del campanile e la gente si ritrovava sempre sul piazzale per discutere. Scritte pro e contro l’arrivo del nuovo sacerdote comparvero sui muri
e furono affissi anche manifesti invitando i parrocchiani a non andare alle funzioni religiose. La tensione era alle stelle, ci furono furibonde discussioni, litigi, minacce e tanti dispetti contro quelli che andavano alla Messa. Le gomme delle biciclette forate, rubati i campanelli e in alcuni casi anche i pochi fanali delle due ruote rimaste incustodite. Nessuno però osò più di tanto. La frangia più pura e dura giurò solennemente che non avrebbe più messo piede in
chiesa, pur frequentando regolarmente le funzioni religiose in altre chiese. La Confraternita del Crocifisso che accompagnava tutti i defunti al cimitero per un certo periodo si fermava sul piazzale della Chiesa rifiutandosi di assistere alle funzioni. I primi mesi furono i più difficili, ma
Don Franco, affiancato da alcune famiglie non si perse mai di coraggio. Un’altra giornata
difficile fu in occasione della festa del Santo protettore, San Giuseppe, che da sempre si
svolge la terza domenica dopo la Pasqua. Era l’aprile del 1952. Il piazzale della chiesa era presidiato dai carabinieri e dal reparto celere della polizia. Si temevano tentativi di bloccare la
processione. Alle 11 ci fu la Messa solenne con una discreta presenza di parrocchiani
e, nel pomeriggio, si svolse la processione con la statua del Santo portata a spalle. Tutto il percorso della processione era presidiato. “Sfilare per le vie del paese fu una sfida – ricorda
uno dei giovani che portava a spalle il baldacchino con il Santo –. A fianco alla gente che
procedeva, gli uomini della celere con il moschetto e la baionetta in canna. Tanti paesani osservavano semi nascosti dietro i filari delle viti e i muri delle corti. E quando la processione era a metà percorso, si cominciarono a sentire i primi rintocchi delle campane. Tutti temettero che si trattasse di un segnale dei rivoltosi. Invece i rintocchi si trasformarono subito in un inno di gioia. Suonavano il doppio, con le quattro campane, la grossa, la mezzana, la mezzanina e la piccola. I volti di tutti si rasserenarono. Solo al termine del Vespro, al quale si erano aggiunti
altri parrocchiani, si seppe che un gruppo di campanari aveva deciso di disubbidire ai rivoltosi”. Altri tempi, altri uomini, altre donne ed altri figli. Prevalentemente gente semplice,
lavoratori instancabili, schietti, orgogliosi delle loro radici e fieri della loro fede, fino a considerare la Chiesa la casa comune di tutta la comunità.
Don Franco era nato nel centro storico di Lucca il 6 novembre del 1902 e morì a Pieve San
Paolo l’11 febbraio 1991, all’età di 89 anni, giorno della festa della Beata Vergine Maria di
Lourdes, a cui era molto devoto.
Giovanissimo entrò a lavorare come impiegato alla Cassa di Risparmio di Lucca. Diversi anni
dopo sbocciò la vocazione e il 15 maggio del 1942 fu ordinato sacerdote. L’8 agosto 1944 fu nominato parroco di Fiano dopo la morte di don Aldo Mei. Veniva a sostituire don Vincenzo Picchi un sacerdote vecchio stampo.
Intelligente, intransigente, qualche volta burbero, ma che ha lasciato una impronta positiva per
tutto quello che era riuscito a fare in un periodo storico difficile a cavallo di ben due guerre. Don Franco rappresentava la nuova generazione. Distinto, dai modi signorili, sempre sorridente, disponibile e impeccabile nell’indossare la tonaca, il mantello nero sulle spalle, il cappello nero tondo dalle falde larghe. Si muoveva con la sua bicicletta nera, con una pedalata veloce. Nell’arco di un anno, il nuovo Pievano, anzi il “Piovano” come tutti amavano chiamarlo, riuscì a conquistare la simpatia di tantissime persone e il rispetto di tutti quelli che lo avevano osteggiato. Senza portare rancore per nessuno don Franco prese a pieno titolo la guida della parrocchia, coinvolgendo ragazzi, giovani e famiglie. E’ stato il vero ultimo Pievano. La canonica era sempre un via vai di persone. Sono rifioriti i gruppi giovanili,
insieme ad altri gruppi parrocchiali. L’antichissima compagnia del Crocifisso, i gruppi campanari, le attività di dopo scuola per gli studenti, ma soprattutto la valorizzazione delle tradizioni e delle feste religiose. Le gite, i pellegrinaggi, ma anche la vicinanza alle persone sofferenti e più bisognose. Un “Don Matteo” di quei tempi... Don Franco arrivava veloce sulla sua bicicletta nera, sia a portare la comunione agli infermi sia per parlare delle
problematiche della comunità. Quaranta anni al servizio del paese, che addirittura pensava
di intitolargli a perenne ricordo il piazzale della chiesa. Tutto però è finito in un perenne oblio.

Domenico Tani

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Negli ultimi 20 anni la Pievania è stata guidata da Don Vittorio Martini (nella foto
sotto). Il sacerdote entrò in Parrocchia il 1° settembre del 2000. Ha regnato oltre 20
anni (gli anni più belli della sua vita) alla guida spirituale di questa comunità. Una missione portata avanti senza tanti clamori col solo intento di tracciare un cammino cristiano e al tempo stesso tutelare il patrimonio storico e artistico. Tra le opere più importanti, il restauro della bellissima torre campanaria e il quello del palazzo della Pievania, due gioielli architettonici, che sono il vanto di tutta la Piana Lucchese. Al suo fianco si sono susseguite
molte persone, giovani e meno giovani, ma soprattutto il Gruppo Donatori Fratres, oggi, guidato da Pierluigi Venturi, sempre presenti nella custodia e la cura di tutto il complesso architettonico. Dopo la morte di don Franco Bevilacqua, si sono susseguiti diversi sacerdoti: Padre Franco, don Nando Ottaviani, don Enrico Andreoni e Monsignor Gianfranco Lazzareschi.